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GIORGIO PRADELLA
The water supremacy

30 July 2013 lalalab Text

The idea of exploiting the Basin of Piave River and its waters was born at the end of XIX century. It was first developed by local business companies, reinforced by the city of Venice and, finally, supported by small corporations like “Idroelettrica Dolomite” and “Idrauliche Alto Cadore”.
In 1899 Paolo Milani, an engineer who worked for the Italian Company for the use of Hydraulic Forces in Veneto, presented a project in order to connect the waters of Piave River with those of Santa Croce Lake.
In 1911 the Engineer Antonio Pitter obtained the permission to exploit its waters; indeed, since 1919, the waters of Piave River started to flow into the basin of the lake.
The plants in Fadalto, Nove, San Floriano, Castelletto and Caneva proudly displayed the advanced technology of the mechanical and engineering production of the time.
In 1940 SADE, Società Adriatica di Elettricità, presented a program to use profitably the Dolomitic Basin. This operation was part of an autarkic plan related to the development of energetic sources but also functional to the expansion of the industrial district of Marghera.
The plan involves the creation of a group of artificial basins originated from the dams of Piave and its feeders, which are all connected through 56 km of galleries and channels. These tunnels converge the waters of the basin to the plant of Soverzene, which is capable to develop 825.000.000 kW/h per year.
The technicians employed in the construction of the hydroelectric basin seized the opportunity to experiment new engineering procedures, which will lead to the fateful realization of the highest dam in the world: the dam of Vajont, with its double curvature rib vault of 261,60 meters.
As we know, the engineer Carlo Semenza from SADE was not able to see its masterpiece resist to the water impact caused by the landslide of Toc Mount. However, in less then 25 years, he projected and built dams in Vajont, Pontesei, Pieve di Cadore, Val Gallina, Valle di Cadore and Fedaia.
Semenza was also the author of the plant in Soverzene, which was drawn by the architect Giuseppe Mignozzi. He conceived an 18 meters structure where Marelli turbines are located under a vaulted ceiling, which was frescoed by Walter Resentera.
For the same plant Carlo Pradella and Alessandro Alessandri, two engineers from the Venetian enterprise SACAIM, experimented for the first time the use of prestressed concrete in penstock piping.
In Italy, the use of the prestressed technique was firstly applied in the beams of the Vallesella di Domegge viaduct, which was projected in 1949 by Pradella.
The 264 meters long viaduct connects the two sides of the Piave Valley and, through the Pieve di Cadore barrier, becomes the regulation basin in the heart of Cadore.
The engineer Franco Levi, a CNR delegate, and Gustavo Colonnetti, from the “elastic compulsion study center”, participated at the October 1949 dam testing.

L’idea di sfruttare le acque del Piave nasce, alla fine dell’Ottocento, dalle imprese locali e poi dal Comune di Venezia e da società come “Idroelettrica Dolomite” ed “Idrauliche Alto Cadore”.
Nel 1899 l’ingegnere Paolo Milani, per conto della Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze Idrauliche nel Veneto, presenta domanda per collegare le acque del Piave con quelle del lago di Santa Croce.
Nel 1911 l’ingegnere Antonio Pitter ottiene la concessione di utilizzo delle acque e dal 1919 il bacino acquisisce la derivazione del Piave.
Le centrali di Fadalto, Nove, S. Floriano, Castelletto e Caneva esibiscono la più avanzata tecnologia della produzione meccanica ed ingegneristica dell’epoca. Nel 1940 la SADE, Società Adriatica di Elettricità, presenta un programma di utilizzo del bacino dolomitico, operazione che si inquadra nel contesto di un piano autarchico di fonti energetiche, ma in realtà funzionale allo sviluppo del polo industriale di Marghera.
Il piano prevede un complesso di bacini artificiali derivati dagli sbarramenti del Piave e dei suoi affluenti, collegati fra loro da 56 chilometri di condotte e gallerie che convergono l’acqua del bacino alla centrale di Soverzene, in grado di sviluppare 825 000 000 di kW/h. annui.
I tecnici impegnati nella costruzione del bacino idroelettrico non si lasciano sfuggire l’opportunità di sperimentazioni di ingegneria che avranno il loro tragico epilogo nella realizzazione della diga più alta del mondo, quella del Vajont, con la sua vela a doppia curvatura di 261,60 metri.
L’ingegnere Carlo Semenza della SADE non vede il suo capolavoro resistere all’urto dell’acqua provocato dalla frana del monte Toc, ma in meno di un quarto di secolo progetta e realizza le dighe di: Vajont, Pontesei, Pieve di Cadore, Val Gallina, Valle di Cadore, Fedaia.
Semenza è anche autore della centrale di Soverzene, progettata dall’architetto Giuseppe Mignozzi, che concepisce un locale alto 18 metri dove le turbine Marelli sono collocate sotto un soffitto a volta affrescato da Walter Resentera.
Per la stessa centrale Carlo Pradella ed Alessandro Alessandri, ingegneri SACAIM (impresa veneziana), sperimentano per la prima volta l’uso del cemento armato precompresso nelle tubazioni delle condotte forzate.
L’uso della precompresione appare per la prima volta in Italia nelle travature del viadotto di Vallesella di Domegge, progettato nel 1949 da Pradella. Il viadotto, lungo 264 metri, collega i due fianchi della valle del Piave che, con la realizzazione dello sbarramento di Pieve di Cadore, si trasforma nel bacino di regolazione di centro Cadore.
Per il collaudo dell’ottobre 1949 è inviato l’ingegnere Franco Levi, incaricato CNR ed è presente Gustavo Colonnetti, del “Centro studi sugli stati di coazione elastica”.

 

GIORGIO PRADELLA, IL DOMINIO DELL'ACQUA_2

Viaduct on the Piave river – Vallesella di Domegge – Centro Cadore lake (BL) – 1949 - 1950. Overview of the flyover prior to the filling of the basin. (SACAIM photo archive)

The dam filling process, together with the presence of gypsum layers, generated a movement of the western side of the valley, putting in danger the tiny Vallesella village. The octagonal shaped inhabited area, projected by Giuseppe Segusini in the second half of XIX century, was demolished.
In march 22, 1959, another dreadful warning of the danger created by the transformation of valleys into water “tanks” was delivered: in Pontesei, a 3 million cubic meter landslide generated a wave, which first lifted then plunged the bridge in the lake. This single-girder bridge, made of prestressed concrete, was originally placed over the Bosconero stream and projected once again by Pradella.

L’allagamento dell’invaso e la presenza di strati di gesso origina il movimento del fianco ovest della valle mettendo a rischio la frazione di Vallesella: l’abitato a pianta ottagonale, progettato da Giuseppe Segusini nella seconda metà dell’Ottocento, viene demolito.
Un altro avvertimento che la trasformazione delle valli in serbatoi d’acqua è un’alterazione del sistema avviene, il 22 marzo 1959, nel bacino di Pontesei: una frana di tre milioni di metri cubi origina un’onda che solleva e inabissa nel lago il ponte, ad unica travata in cemento armato precompresso, realizzato sul rio Bosconero e progettato da Pradella.

LEAD Technologies Inc. V1.01

Bridge on the Rio Bosconero stream (Pontesei) – National Road 251, Longarone – Forno di Zoldo (BL) – 1955. Suspended beam during positioning operation. (SACAIM photo archive)

In 1956 the complementary works to the realization of the Vajont dam started.
The arched tube bridge, made of reinforced concrete and projected by engineer Prearo, was realized with a centering, which bore the by-pass penstock coming from the basin at the top of the mountain and heading to the plant of Soverzene.
Pradella exploited a technique already used by Riccardo Morandi in the road bridge further down in the valley: first, its half arches were vertically built; then, they were rotated on hinges and finally hooked.

Both structures were washed away by the flood on October 9, 1963.

Nel 1956 iniziano le opere complementari alla realizzazione della diga del Vajont.Il ponte tubo in cemento armato ad arco nei pressi dello sbarramento viene realizzato, su progetto dell’ingegnere Prearo, con una centina che sostiene la condotta di by-pass proveniente dai bacini a monte e diretta alla centrale di Soverzene.
Nel ponte carrabile più a valle Pradella utilizza una tecnica già sperimentata da Riccardo Morandi: i due semiarchi sono realizzati in verticale e poi fatti ruotare su cerniere ed agganciati.
Entrambe le strutture vengono spazzate via dall’onda del 9 ottobre 1963.

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Bridge on the Vajont river - Longarone (BL) -1956. View from the vehicular bridge over the Vajont gorge. On the background, the valley of the Piave river near Longarone. (Carlo Pradella photo archive)

[Giorgio Pradella, from mu.ri, museo diffuso regionale dell’ingegneria, explicitated for CALAMITA/À] 

Translation curated by Pietro Bardini

[Giorgio Pradella, estratto da mu.ri, museo diffuso regionale dell’ingegneria, esplicitato per CALAMITA/À]

Degree in Architecture – Università Iuav di Venezia – 1982
Principal of an architectural firm.
Specialist in building design and city planning, landscape architecture, editorial and exhibition design, graphic design, corporate identity and trade mark design for advertising and communication, organizer of vocational training courses, internships and workshops.
Consultant to the Università Iuav for the participation in the “Villard 11” seminar.
Member of the board of directors of the “Fondazione Architetti Treviso”
Project creator and curator of “mu.ri  museo diffuso regionale dell’ingegneria”.
Laurea in Architettura – Università Iuav di Venezia – 1982.
Titolare di uno studio di architettura.
Svolge attività di progettazione architettonica, pianificazione attuativa ed architettura del paesaggio.
Si dedica all’ideazione e alla progettazione grafica di pubblicazioni e di immagini coordinate per la comunicazione aziendale ed istituzionale. Cura, coordina mostre e convegni.
È stato consulente dell’Università Iuav per la partecipazione al seminario “Villard 11”
È componente del Collegio dei Revisori dei Conti della Fondazione Architetti Treviso.
È ideatore e curatore di “mu.ri  museo diffuso regionale dell’ingegneria”.

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