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PETER BIALOBRZESKI

Rapid Change
Intervista di Niccolò Fano per CALAMITA/À

Prima di diventare fotografo per un giornale locale della sua nativa Wolfsburg (Germania) Peter Bialobrzeski studiava Sociologia e Politica. Ha viaggiato per un lungo periodo in Asia prima di riprendere gli studi fotografici alla Folkwangschule di Essen e alla LCP di Londra. Dopo aver lavorato per quasi quindici anni come fotografo e dopo numerose pubblicazioni internazionali, Peter comincia a concentrarsi maggiormente sui progetti personali. Negli ultimi otto anni ha pubblicato otto libri. I suoi lavori sono stati esposti in Europa, Stati Uniti, Africa, Asia e Australia. Ha vinto numerosi premi tra cui il prestigioso World Press Photo Award nel 2003 e nel 2010. Dal 2002 Peter è professore di fotografia presso la University of the Arts in Bremen/Germany, oltre a tenere workshops in tutto il mondo. È rappresentato dalla Laurence Miller Gallery di New York, LA Galerie a Francoforte, collabora con la Robert Morat Gallery nella sua città natale di Amburgo e con la Galleria m97 di Shanghai. Nel 2012 è stato onorato con il premio Erich Salomon dalla German Society of Photographers (DGPh).
www.bialobrzeski.de

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

 

CALAMITA/À: Prima di diventare un fotografo studiava Politica e Sociologia, cosa l’ha spinta verso la fotografia? In che modo influiscono queste due materie sulla sua professione attuale?

Peter Bialobrzeski: Ero molto più affascinato dall’esperienza pratica della società, meno dallo scrivere saggi intellettuali su problemi astratti come la Cina e la sua apertura verso occidente; una preferenza che ha quindi acceso in me l’interesse verso questi paesi che ho poi visitato di persona. Sono andato in Cina per la pima volta con un sacco in spalla nel 1987, era un luogo affascinante e strano. La Repubblica Popolare dava i visti ai viaggiatori esteri da due anni; quando sono tornato per fotografare Neontigers e in seguito Nailhouses, la rapidità del cambiamento riscontrato divenne un aspetto fondamentale da documentare.

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

© Peter Bialobrzeski from ‘Neontigers’

 

A/À: Sembra avere una predilezione fotografica per la notte, può parlarci di questo suo interesse?

PB: Quando ho cominciato a scattare fotografie notturne erano in pochi a farlo. Era una chiara astrazione di ciò che è visibile senza la macchina fotografica; ho provato a esplorare questi limiti rapportandomi costantemente a ciò che avevo davanti. Ora su Instagram lo fanno tutti, nei miei progetti recenti lo faccio raramente.

A/À: Ha menzionato Instagram a proposito di un suo cambiamento di direzione. Qual è il suo punto di vista sul medium fotografico e il futuro del mezzo nell’era degli smartphone e dell’ipermedia?

PB: Questa è una domanda complicata. La tradizionale fotografia concettuale, documentaristica – dove i dati vengono usati per creare una serie di immagini che riflettono solo la pura estetica, lasciando al pubblico l’interpretazione in base alle proprie origini culturali – in futuro diventerà esotica come lo scrivere poesie. Certo, verranno pubblicati libri, ma in numeri molto limitati. Immagini scambiate attraverso Watsapp, Instagram e altri social media saranno sempre più un veicolo per una comunicazione aneddotica. Tutto ciò non ha la funzione di esplicitare un qualcosa, di chiarire un punto vista o di avere una sua coerenza, ma bensì è l’equivalente visivo di “oh, che fico”. Il grande cambiamento avverrà quando la macchina fotografica potrà raccogliere e analizzare ciò che ha di fronte. Le informazioni raccolte potranno, non solo essere usate come veicolo estetico, ma anche come strumenti paragonabili a ciò che viene fatto tutt’ora dai droni, la cui raccolta di informazioni, inserita in un’antologia di immagini, viene usata in seguito come fonte empirica il cui risultato finale è determinato da un algoritmo. Un esempio: l’immagine scattata mostra la media esatta, per dire, della popolazione tedesca in relazione alle persone raffigurate. Pertanto l’immagine diventa uno strumento di sorveglianza con un utilizzo sociologico ma anche artistico; tutto questo apre le porte verso un mondo completamente nuovo…

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

© Peter Bialobrzeski from ‘Nail Houses’

 

A/À: Il disastro economico, culturale ed ecologico sembra essere un elemento trainante, velato da un’estetica curata, valorizzata dallo studio meticoloso e dalla destrezza nell’uso della luce. Ci parli della linea tra disastro ed estetica nel suo lavoro.

PB: Disastro è un termine molto forte, applico una strategia estetica che in può apparire seducente; una qualità forse intrinseca nella tradizione pittorica che caratterizza l’europa. Alla fine l’aspetto più importante è la comunicazione; Il fruitore capirà quello che avevo in mente? L’estetica è un veicolo, in seguito ogni immagine che vediamo viene inserita in un contesto ben preciso. Se prendiamo come esempio la mia serie Informal Arrangements, possiamo notare la ripetizione della stessa strategia che utilizzano gli abitanti in questione per decorare le proprie abitazioni. Nell’occidente questo viene inserito in un contesto di astrazione. Ciò che è davvero importante nel soggetto scelto è la riconoscibilità se lo si vuole interpretare in un contesto artistico. È ciò che l’autore vuole che sia, nel mio caso, un qualcosa caratterizzato dal riferimento alla realtà.

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

© Peter Bialobrzeski from ‘Informal Arrangements’

 

A/À: La meticolosa ripetizione del soggetto è un aspetto che ci costringe a mettere a fuoco i dettagli, le similitudini e le incongruenze. Qual è il suo approccio alla serie fotografica rispetto a quello riservato a incarichi editoriali, dove l’attenzione è data all’impatto di una sola immagine?

PB: Quello che faccio è sempre in serie, e al tempo stesso sto cercando di variare la struttura dell’immagine e riesamino la serie di conseguenza. Non posso parlare molto d’incarichi editoriali, i miei interessi ora sono altrove. Sono interessato al modo in cui i fotografi s’identificano come autori e al modo in cui esprimono intelligenza attraverso le immagini. Questo non significa che ci sia una mancanza d’intelligenza nelle immagini su commissione, ce n’è molta, e nella maggior parte dei casi è riconoscibile a prima vista.

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

 

A/À: È fortemente legato ai suoi studenti, spesso lavora con loro su libri e progetti ad ampio raggio. Il libro dal titolo ‘’Calcutta’’ è un esempio perfetto, come lo è il sito internet che raccoglie tutti gli studenti e il loro lavoro. Ci parli di queste collaborazioni e del suo ruolo come insegnante.

PB: Il progetto ‘’Calcutta’’ è unico, nato da una serie di fortunate coincidenze che non saranno difficilmente ripetibili, visto che di solito non avremmo i fondi necessari. Al momento abbiamo un Masters Program (Culture and Identity) che usa fotografia e grafica per comunicare idee. Abbiamo una serie di progetti di gruppo e individuale che perlopiù finiscono in piccole pubblicazioni. Le idee sono uno sforzo collettivo, qualche volta nate dagli studenti, altre volte proposte dal mio collega Prof. Andrea Rauschenbusch o da me. Su questo sito trovate alcuni esempi: cultureandidentity.hfk-bremen.de

ll nostro ruolo come insegnanti è quello di moderare i dibattiti (Plenum) durante gli incontri settimanali con gli studenti, offrire le nostre competenze professionali e porre molte domande.

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

© Peter Bialobrzeski from ‘Paradise Now’

 

A/À: La sua serie ‘’Paradise Now’’ presenta un dialogo estetico tra natura e strutture architettoniche. Il concetto di paradiso è fondato su base utopica, sul piacevole e idilliaco punto d’arrivo. Ci parli di questo lavoro.

PB: Ho scelto il titolo relazionandomi al lavoro di Thomas Struth, ‘’New Pictures from Paradise’’. L’idea Cristiana del paradiso è l’inviolato, l’intatto. ‘’Paradise Now’’ è illuminazione artificiale, non proprio Il Paradiso Perduto ma certamente un grande punto di domanda.

 

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

© Peter Bialobrzeski from ‘Cairo Diary’

 

A/À: Su cosa sta lavorando attualmente?

PB: Un paio di cose, da quattro anni lavoro a un progetto sulla Germania; lo finirò nel prossimo anno e comincerò a lavorare a una pubblicazione e ho una mostra in programma per il 2017. Ho anche cominciato una piccola serie di libri dal titolo ‘’City Diaries’’, editi da ‘The Velvet Cell’. Abbiamo pubblicato ‘’Cairo Diary’’ l’anno scorso, ‘’Athens Diary’’ uscirà a ottobre seguito da ‘’Taipei Diary ‘’, a primavera 2016. Più avanti usciranno ‘’Beirut Diary’’, e ‘’Mumbai Diary’’. Per maggiori informazioni: www.thevelvetcell.com

 

Niccolò Fano (Roma, 1985) è fotografo e curatore. Ha conseguito un BA in Fotografia (University for the Creative Arts) e un Master in Fine Arts alla Central Saint Martins di Londra. Ha tenuto seminari e lezioni al Sotheby’s Institute of Art di Londra e alla University for the Creative Arts. Niccolò vive e lavora a Roma dove, nel 2015, ha fondato MATÈRIA, una galleria d’arte specializzata in fotografia contemporanea. Collabora con il CAMUSAC – Museo d’Arte Contemporanea di Cassino e coordina il sito Global Archive Photography.




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