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OLAF OTTO BECKER

The evanescent landscape
Intervista di Gianpaolo Arena per CALAMITA/À

Olaf Otto Becker (nato 1959). Da più di 25 anni la fotografia di paesaggio rappresenta l’interesse principale del lavoro di ricerca di Olaf Otto Becker. In modo particolare è interessato a documentare le tracce visibili della sovappopolazione umana abbandonate nella natura. Sostiene “Sono questi resti che manifestano esattamente come trattiamo il nostro pianeta.” A seguito di un’accurata ricerca, egli usualmente lavora un paio di anni su una tematica specifica, per poi pubblicarne i risultati in forma di libro. Una singola immagine è per lui di grande importanza, ma sono le sequenze che gli permettono di raccontare la storia in modo esauriente. Olaf dice “Io penso a me stesso come a un’artista così come a un testimone oculare dei cambiamenti del nostro tempo che sono importanti per me. Interpreto il paesaggio e documento quello che trovo essere veramente eccezionale.”

www.olafottobecker.de

 

© Olaf Otto Becker from 'Above Zero'

© Olaf Otto Becker “River 1, 07-2007, Position 7” from ‘Above Zero’

CALAMITA/À: Ha iniziato a studiare design della comunicazione e poi ha continuato con la filosofia. Che cosa la ha spinta verso la fotografia? Quali sono stati i fotografi o gli artisti che direbbe la hanno ispirata per il suo lavoro?

Olaf Otto Becker: Prima di studiare design della comunicazione e filosofia, volevo studiare pittura. Quando mi sono reso conto del fatto che l’arte da sola non poteva bastare per il mio sostentamento, ho deciso di studiare design della comunicazione perchéla materia mi interessava ugualmente e inoltre volevo essere economicamente indipendente. In seguito, ho studiato filosofia perchévolevo trovare delle risposte alle domande essenziali che mi ponevo sulla vita.

Ho sempre creato immagini. Ho iniziato con la pittura e poi mi sono spostato verso la fotografia quando ho capito che mi interessava di piùtrovare immagini piuttosto che crearle. Mi sono sempre sorpreso delle cose che trovo e vedo. Essendo cresciuto in campagna, ho sempre apprezzato essere immerso nella natura. E questo legame tra natura e vita ancora oggi non si èspezzato. All’inizio esploravo i dintorni locali, personali e privati. Piùtardi mi sono interessato sempre di piùall’osservazione delle tracce lasciate dall’uomo in giro per il mondo.

Non sono in grado di dire quali sono stati quei pittori o quei fotografi che mi hanno influenzato piùdi altri. Le influenze sono sempre state orientate e ri-orientate dall’esperienza e dagli interessi. Il mio lavoro èinfluenzato dal linguaggio dell’arte, il che vuol dire che provo a dipingere con l’aiuto dei miei attrezzi fotografici. Camminando e viaggiando nelle zone prescelte, cerco sempre di rispondere a domande del tipo:

Che cosa vedo? Che cosa significa per me? Può ciò che io vedo qui significare qualcosa anche per qualcun altro? In che modo questa cosa si inserisce nei miei progetti e nei miei temi? Quali potrebbero essere la migliore prospettiva e la migliore composizione per poter utilizzare il paesaggio visibile al fine di esprimere esattamente quello che questo speciale paesaggio che ho trovato significa per me e per il mio tema? La luce è quella giusta? Se non lo è, quali sono le corrette condizioni di luce?

Dopo aver risposto a queste e a molte altre domande, posso scattare una foto di un determinato paesaggio. Nel momento in cui schiaccio il pulsante di scatto, già so che si tratterà di una buona immagine; non ci sono sorprese quanto al risultato.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Above Zero'

© Olaf Otto Becker “Point 660, 2, 08-2008” from ‘Above Zero’

© Olaf Otto Becker from 'Above Zero'

© Olaf Otto Becker “River 1, 07-2007, Position 1” from ‘Above Zero’

A/À: Parliamo della lezione tramandataci dai maestri del grande formato della fotografia a colori e di quella dei pionieri come Carleton Watkins, Mathew Brady e Timothy H. O’Sullivan. Qual è stato l’apporto di questi esempi sulla sua interpretazione fotografica del paesaggio e i suoi cambiamenti nello spazio e nel tempo?

OOB: Studiando le fotografie diWatkins, Mathew Brady, Timothy H O’Sullivan e dei fotografi di paesaggio moderni, sono sempre stato affascinato dalla capacità che hanno i bravi fotografi di raccontare una storia. Una buona fotografia racconta sempre una storia.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Above Zero'

© Olaf Otto Becker “A measuring station beeing anchored deeper in the ice because of melting” from ‘Above Zero’

© Olaf Otto Becker from 'Above Zero'

© Olaf Otto Becker “Inlandice 01, Greenland 07/2007” from the series “Above Zero”

A/À: Nel suo lavoro emerge la relazione tra la natura (l’uomo) e lo spazio; il «paesaggio simbolico»e la composizione accurata delle immagini ricordano anche lo stile dei pittori tedeschi del diciottesimo secolo. Io ci vedo anche il bagaglio culturale del romanticismo tedesco. Si può parlare di un approccio tedesco alla fotografia? L’estetica tedesca è diversa secondo lei?

OOB: Credo che chiunque sia influenzato dalla cultura familiare, locale, del paese o della cittàin cui cresce, dalla religione e dalla politica, che influenzano direttamente la vita di ciascuno e i relativi interessi. Tuttavia, le prime fotografie che mi hanno davvero colpito sono state quelle di Josef Koudelka, Henri-Cartier Bresson e la fotografia russa. Più tardi, i miei interessi si sono spostati verso i fotografi americani come Meyerowitz, Misrach, Paul Graham, Stephen Shore, Lewis Baltz, Robert Adams, tra gli altri. Attualmente non ci sono più dei veri e propri confini di influenze, se non i miei confini personali. I quali hanno molto a che fare con il mio background culturale tedesco, con la mia educazione e con le esperienze dirette che ho fatto viaggiando intorno al mondo e entrando in contatto con diverse culture. Una sola cosa è rimasta costante: il rispetto per qualsiasi cosa. E purtroppo questa non è sempre stata una caratteristica tedesca.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Broken Line'

© Olaf Otto Becker “Tripod, Qeqertakavsak, Greenland, Melvillebay 07/2006″ from ‘Broken Line’

© Olaf Otto Becker from 'Broken Line'

© Olaf Otto Becker “Ilulissat Icefjord 2, Greenland 07/2003” from ‘Broken Line’

A/À: Il tempo è ovviamente un tema molto vasto nella sua pratica di fotografo. In che modo lo concettualizza nel suo lavoro?

OOB: Ogni fotografia ci dice qualcosa sul tempo. Il tempo di vita di ogni animale, ogni pianta, ogni essere umano è limitato. Noi ci accorgiamo del tempo solo tramite i cambiamenti e mi interessa dire qualcosa a proposito delle tracce lasciate dai cambiamenti. Quindi dico anche qualcosa sul tempo, quando questi cambiamenti accadono. Quando ho lavorato al mio progetto sull’Islanda «Under the Nordic Light –A Journey through Time», ho visitato diverse volte quei luoghi per anni. Ho scattato fotografie agli stessi posti, con la stessa prospettiva e le stesse condizioni di luce. Alcuni paesaggi sono cambiati moltissimo in poco tempo, altri non sono affatto cambiati. E mi stupivano di piùi luoghi che non cambiavano, perché nel frattempo mille cose erano accadute nella mia vita tra la prima fotografia di quel paesaggio e l’ultima, scattata a dieci anni di distanza. Mi aspettavo quindi di ritrovare qualcosa di simile nel paesaggio, ma non era visibile per la mia macchina fotografica. E ho capito che il tempo è una definizione molto individuale.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Broken Line'

© Olaf Otto Becker “Ilulissat Icefjord 08, Greenland 07/3003” from ‘Broken Line’

© Olaf Otto Becker from 'Broken Line'

© Olaf Otto Becker “Ikerasak, Qarajaqs Icefjord 1, Greenland 07/2005” from ‘Broken Line’

 

 

A/À: Alcune delle sue serie sono state realizzate in Islanda e in Groenlandia… Ha fatto delle ricerche particolari sul territorio mentre lavorava su questi progetti? Come ha scelto i luoghi che poi ha fotografato? Ci può dire qualcosa del processo fotografico che sceglie per fotografare i paesaggi? In che modo il suo percorso di fotografo la ha portata a questa forma estrema di fotografia topografica?

OOB: Mi interessano i luoghi in cui il paesaggio si sta ancora inventando e formando, dove questo paesaggio originario entra in contatto con l’uomo. Il numero sempre crescente di uomini influenza e cambia enormemente nature in precedenza intatte. Le tracce dei cambiamenti causati dalla sovrappopolazione sono visibili in tutto il mondo. Questo vuol dire qualcosa per me e per noi. Io provo a dire qualcosa su ciò che ho capito a riguardo.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “City architecture, Singapore” from ‘Reading the Landscape’

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “Modern City Hotel Singapore” from ‘Reading the Landscape’

A/À: Cosa la ha attratta verso paesaggi, spazi urbani e orizzonti evanescenti e instabili? Distanza infinita e assoluto: cos’è per lei il sublime contemporaneo?

OOB: Trovarmi da solo in paesaggi quasi del tutto disabitati ha sempre rappresentato per me una grande esperienza. Sono affascinato dall’invenzione della natura, quello che qualcuno chiamerebbe Dio. Cerco di portare a casa le mie personali spiegazioni con fotografie grandi quanto una finestra, finestre aperte verso qualcosa di magnifico, verso qualcosa che a volte può sembrare anche molto triste. Niente è al sicuro o costante, ma questo significa anche che tutto è possibile, in un senso positivo o negativo. Noi non siamo importanti per la natura. Noi siamo solo una minuscola parte di essa, sebbene potremmo pensare che siamo qualcosa di più. Siamo parte di qualcosa di più grande che si sta inventando di nuovo e ancora nel corso del tempo.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “Supertree Grove, Garden by the Bay, Singapore 10/2012” from ‘Reading the Landscape’

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “Nature Trail, Garden by the Bay, Singapore 10/2012l” from ‘Reading the Landscape’

A/À: In che modo questo progetto ha sfidato o ha modificato la sua comprensione di ciò che significa essere al mondo o in che modo questo progetto può aiutarci a definire che cosa significa essere al mondo?

OOB: La vita per me è consapevolezza e interazione con ciò che mi circonda. Ho provato a comprendere il più possibile del mio essere e di ciò che mi e ci circonda. Mi appassiono ad ogni nuova esperienza e cerco di rispettare tutti gli altri esseri.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “Primary Forest 01, waterway, Malaysia 11/2013″from ‘Reading the Landscape’

A/À: Sembra evidente che intrattiene una relazione stretta con le cose che fotografa. Parliamo del rapporto stretto che ha con l’ambiente naturale. Da dove nasce questo interesse? In che modo la fotografia può contribuire a «reinventare »l’esperienza visiva?

OOB: Solo se per un attimo riesco a dimenticare le immagini che ho visto, il sipario si apre per mostrare qualcosa di nuovo. Si tratta di una grande esperienza che può condurre a nuove immagini.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Reading the Landscape'

© Olaf Otto Becker “Bushfire lit to clear land, Australia 2008” from ‘Reading the Landscape’

A/À: L’Artide è più inquinata di altri luoghi? L’ecologia è parte del sistema economico? Il riscaldamento globale è una parte importante nella sua ricerca?

OOB: Non direi che l’Artide è più inquinata di altri posti, al contrario. Nella regione artica si possono trovare meravigliosi paesaggi e una natura incontaminata. L’acqua è pura. È possibile bere direttamente da un ruscello o da un fiume. Questa regione è ricca di pesci, perché rappresenta un habitat eccellente. Tuttavia, il riscaldamento globale inizia ad avere i suoi effetti sulla natura. Per quanto si tratti per ora solo di questo. L’aumento delle temperature causerà molti più problemi nell’emisfero meridionale della Terra. Miliardi di persone e di animali perderanno le loro case; l’acqua potabile diventerà rara.

In futuro, l’inquinamento si troveràdi più laddove l’uomo sarà più presente.

Ho tentato di rendere visibile il riscaldamento globale, fotografando fiumi e laghi riempiti dalle acque di disgelo, così come i ghiacciai in scioglimento. Fotografando gli iceberg – meravigliose immagini del cambiamento. Possiamo comunque riflettere sul significato che questo cambiamento avrà per noi, nonostante esso ci appaia così bello.

 

 

© Olaf Otto Becker from 'Under The Nordic Light'

© Olaf Otto Becker “Gullfoss, 2011” from ‘Under The Nordic Light’

© Olaf Otto Becker from 'Under The Nordic Light'

© Olaf Otto Becker “Gullfoss, 2011/2” from ‘Under The Nordic Light’

A/À: Ci può dire qualcosa a proposito del significato dei rifiuti, dell’eccesso di consumi e della distruzione delle risorse per il suo lavoro?

OOB: Ne sono veramente emotivamente toccato. Dobbiamo risolvere i problemi causati dalla sovrappopolazione umana. Questa è la sfida più grande per il nostro futuro. Come possiamo limitare la produzione di rifiuti, gli eccessi nei consumi e come possiamo utilizzare al meglio le risorse in futuro?

Siamo una specie veramente intelligente, ma anche distruttiva, competitiva, intollerante, egoista, sconsiderata, dominatrice e siamo sempre limitati dal nostro sapere e dalle nostre prospettive nel trovare delle soluzioni giuste per i problemi, soluzioni che tengano conto di tutti gli aspetti della vita sul pianeta Terra. Io, a tutto questo, posso solo rispondere con piccole immagini-poesie.

 

© Olaf Otto Becker "Canyon of Jökulsá á Brú, 2010" from ‘Under The Nordic Light’

© Olaf Otto Becker “Canyon of Jökulsá á Brú, 2010” from ‘Under The Nordic Light’

 

© Olaf Otto Becker “Canyon of the Jökulsá á Brú, 2011″ from ‘Under The Nordic Light’

 

A/À: Che cosa la ispira nella vita di ogni giorno?

OOB: La mia risposta potrebbe riempire il tuo intero hard disk! Ma in realtà è più semplice da dire, cerco di divertirmi. Cerco di stare bene con le persone che amo e nel fare le cose che mi interessano. Mi piace fare esperienza della vita. È un dono speciale il fatto di essere nati dal niente (non posso ricordare il tempo prima della mia nascita), passare del tempo sulla terra con un certo grado di consapevolezza e infine scomparire di nuovo nel tempo che mi ha preceduto.

Oraefajokull-2000_2011

© Olaf Otto Becker “Öræfajökull 2000 and Öræfajökull 2011″ from ‘Under The Nordic Light’

 

© Olaf Otto Becker from 'Under The Nordic Light'

© Olaf Otto Becker “Landmanalaugar 2000 and Landmanalaugar 2011″ from ‘Under The Nordic Light’

A/À: Su cosa sta lavorando attualmente nelle sue fotografie? Cosa c’è in cantiere per il suo 2015, da un punto di vista fotografico, ma anche altro?

OOB: Sto lavorando contemporaneamente a diversi nuovi temi. Attualmente non so dire che cosa finirà in una nuova mostra o in nuovo libro. Cerco di dimenticare tutte le immagini che già conosco, per essere capace di trovare qualcosa di nuovo.

Gianpaolo Arena è architetto e fotografo, sviluppa progetti di ricerca su tematiche ambientali, documentarie e sociali. L’interesse per la rappresentazione architettonica ha orientato la sua attenzione verso la fotografia di architettura, il paesaggio urbano, l’uso della fotografia come indagine del territorio antropizzato, le relazioni sulle molteplici identità che appartengono e caratterizzano luoghi e persone. Editore del progetto CALAMITA/À e del magazine Landscape Stories con cui coordina campagne fotografiche sul territorio, workshops, progetti editoriali ed espositivi.
Traduzione a cura di Roberta Agnese

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