Harald Szeemann, Il Visionario
Intervista di Camilla Boemio per CALAMITA/À
Lucrezia De Domizio Durini è personaggio atipico del sistema dell’arte contemporanea. Opera da oltre quarant’anni nel campo della cultura internazionale come: operatrice culturale, giornalista, scrittrice,curatrice, editrice, mecenate. Nel’71 incontra l’artista Tedesco Joseph Beuys iniziando una collaborazione che li vedrà viaggiate in molti paesi nel mondo. Da questo incontro nasce nel 1974 la prima discussione Incontro con Beuys, La Fondazione della Rinascita dell’Agricoltura del 12 febbraio e il 13 maggio 1984 la Difesa della Natura. Il 13 maggio 1999, in solidale collaborazione con Harald Szeemann, nasce il premio Oscar dei curatori internazionali, inaugurato nella Piazza Joseph Beuys a Bolognano. Un luogo costruito secondo i concetti beuysiani, un unicum fenomenologico nella storia dell’arte mondiale. E’ stata nominata CURATRICE UFFICIALE per l’ARTE CONTEMPORANEA INTERNAZIONALE alla BIENNALE ARTE & INDUSTRIA 2016 a Labin Istria /Croazia.
Harald Szeemann nasce a Berna, in Svizzera, nel 1933. Szeemann ha studiato storia dell’arte, archeologia e giornalismo all’Università di Berna. Dal 1961 è stato a capo della Kunsthalle di Berna. Harald Szeemann ha costruito la sua reputazione in quel luogo trasformando un’istituzione molto provinciale, dominata da artisti locali, rendendola un punto cruciale per la nascente generazione di artisti europei e americani, organizzando circa una dozzina di esibizioni ogni anno, tra cui la copertura dell’edificio della Kunsthalle, opera di Christo e Jeanne-Claude nel 1968. La sua seminale mostra “When attitudes become form”, 1968-69 includeva quasi 70 artisti come Eva Hesse, Walter de Maria, Joseph Beuys e Richard Serra. Dopo pesanti critiche sulla sua influente esibizione, nel 1969 Szeemann abbandonò la Kunsthalle per diventare un curatore freelance. Nel 1969 è stato co-fondatore dell’IKT (International Association of Curators of Contemporary Art). Nel 1970 ha organizzato un’altra grande, persino più sorpendente mostra: “Happenings and Fluxus,” alla Kunstverein di Colonia. Nel 1972 è stato nominato curatore di Documenta 5 di Kassel e ha introdotto le installazioni e le performance ad un pubblico ancora più ampio.
Dopo “Documenta 5,” Szeemann ha sviluppato una nomadica modalità di lavoro. Successivamente ha creato un museo immaginario, “the Museum of obsessions”, un concetto dal quale ha originato il suo programma. Ha organizzato “Bachelor Machines” per la Biennale di Venezia nel 1975. Nel 1980, è stato nominato come co-sovrintendente della Biennale e ha creato la prima “Aperto, or Open, exhibition”, un’indagine cacofonica, tenuta nella gigantesca corderia, che ha ignorato le divisioni nazionali dei padiglioni della Biennale. Nel 1981 Mr. Szeemann diventa curatore independente alla Kunsthaus di Zurigo e ha allestito mostre in un mix stordente di artisti e autori del 19° e 20° secolo tra cui Victor Hugo, Charles Baudelaire, Eugene Delacroix, James Ensor, Sigmar Polke, Cy Twombly e Richard Serra. Tra le sue esibizioni tematiche sono incluse “In Search of the Total Artwork, ” “Austria in a Lacework of Roses” e “Swiss Visionaries.” Egli ha continuato a lavorare in modo indipendente , organizzando la Biennale di Lione e quella di Kwangju in Corea nel 1997 e ricoprendo il ruolo di sovrintendente alla Biennale di Venezia nel 1999 e 2001. Nel 2003 ha organizzato una mappatura dell’arte spagnola al P.S.1 Contemporary Art Center di Long Island City, Queens, NY. L’ultima esibizione, “Visionary Belgium”, è stata inaugurata nel 2005 al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles.
CALAMITA/À: Come lei, Harald Szeemann è un’icona curatoriale. Dopo una breve esperienza nel teatro contemporaneo si dedica all’arte. Negli anni Sessanta diventa direttore della Kunsthalle di Berna, dove realizza alcune mostre seminali, tra cui “When Attitudes Become Form”, che introduce nuovi linguaggi e modi di intendere l’arte, grazie anche alla partecipazione di artisti come: Joseph Beuys, Franz Gertschnot, Richard Serra, Mimmo Paladino, Jörg Immendorff, Gian Ruggero Manzoni, Markus Lüpertz e Dieter Roth. Ci potrebbe introdurre il suo rapporto, di stima ed amicizia, con Harald Szeemann?
Lucrezia De Domizio Durini: Harald Szeemann è uno tra i più coerenti pensatori dell’Arte Contemporanea mondiale del secondo dopoguerra, critico dell’intensità, profondo storico dell’arte, per l’intera sua vita ha creato ed allestito mostre di intenso spessore di ricerca cambiando la storiografia e i sistemi della metodologia critica ed espositiva internazionale. Amava les finesses della cultura, come lui soleva definire le ricerche minime di analisi comparata che mirabilmente innestava nelle sue atipiche mostre. Dalle Documenta di Kassel alle varie Biennali, dalla famosa ricostruzione storica di Monte Verità, alle memorabili mostre delle Macchine Celibi, da Beuys a Duchamp e ancora… la sua idea di Visionario si concretizzava sempre e comunque nel suo Museo delle Ossessioni, dove il tutto e il nulla, il possibile e l’impossibile, le esperienze, l’intuizione, il coraggio, la libertà, l’umanità e l’immaginazione lo conducevano ad un agire destabilizzante di fronte ai modelli imposti dai sistemi di potere. Soleva autodefinirsi il Curatore indipendente. La Biennale di Venezia nel 1999, a chiusura di un secolo, e quella del 2001 ad apertura del Terzo Millennio, resteranno nella storia dell’Arte Contemporanea come segno tangibile di un intellettuale “Super Partes”, un antesignano che, accollandosi totalmente le complesse responsabilità assegnateli dalle istituzioni, insegna e anticipa i tempi dell’Arte e della Socialità dell’arte.
Il mio rapporto umano di lavoro e di leale amicizia nasce con e per l’amore profondo che entrambi abbiamo vissuto e praticato concretamente con Joseph Beuys , uno tra i personaggi più significativi ed emblematici dell’Arte mondiale del Secondo dopoguerra. L’umiltà, la fratellanza, la generosità, l’etica professionale, il rispetto dei principi fondamentali dell’Uomo e della nostra Madre Natura ci hanno condotto per mano ad un attraversamento di trentacinque anni di vita di solidale collaborazione. Con sua moglie Ingeborg Lüscher e sua figlia Una, Harry è stato nei momenti tragici della mia esistenza la mia salvezza iniziatica che mi ha fatto capire il senso della vita e della Morte. Il mio libro, l’unico in italiano: Harald Szeeman. Il Pensatore Selvaggio (SilvanaEditoriale Mi 2005) è un inconfutabile documento storico.
Buby Durini, Joseph Beuys, Harald Szeemann e Pierre Restany sono i Quattro Punti Cardinali della mia intera esistenza nell’Arte e oltre l’Arte. A questi rari personaggi dedico con ogni mezzo le operazioni del mio lavoro.
A/À: Quanto le pratiche curatoriali sono cambiate negli ultimi dieci anni? Quanto ancora, la figura di Szeemann ne influenza la realizzazione?
LDDD: Dopo Harald Szeemann preferisco il Silenzio …
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Harald Szeemann – “When Attitudes Become Form” at Kunsthalle Bern, 1969 Images courtesy of J. Paul Getty Trust, Roy Lichtenstein Foundation, and StAAG/RBA
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A/À: L’utopia è il motore dell’immaginazione. L’antidoto alla mediocrità delle emozioni, sono i progetti curatoriali che riescono ad esercitare una forza rigeneratrice non fine a se stessa. Szeemann ha più volte dichiarato che il suo scopo era fare mostre che rimangano nella testa, che cambino il cervello della gente.
LDDD: Stiamo vivendo un momento storico in cui il virus del potere ha formato un esercito di uomini che tentano di compiere il genocidio di miti, sogni, utopie, ma principalmente cercano di trasformare la libertà in una specie di autorità democratica, dove l’obbligo della corruzione parte dalla vanità del pensiero e rapidamente si estende al buon gusto, alle buone maniere, in tutte le sfaccettature della nostra vita quotidiana, invadendo dispoticamente anche l’Arte e il sistema dell’Arte.
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A/À: La “Living Sculpture”, nella filosofia beuysiana, si basa sulla solidale e libera collaborazione e comunicazione tra uomini di differenti culture, origini, religioni, stati sociali, economici e politici. Potrebbe anche parlare della protezione dell’ambiente beuysiano e delle tematiche analizzate da Beuys per i cento giorni a Documenta 6 a Kassel? Beuys afferma che “non esiste altra forza rivoluzionaria che il potere creativo dell’uomo”… ma quando l’arte è un reale strumento di stratega politica, potrebbe fare qualche esempio di tematiche che hanno realmente reso attivo un territorio?
LDDD: Prima di parlare delle tematiche beuysiane è bene comprendere sinteticamente Chi è Joseph Beuys.
E’ la figura che meglio rappresenta, con la sua vita e la sua opera, l’energia centrifuga e anti-tradizionale che l’Arte Contemporanea ha prodotto negli ultimi decenni. Personaggio atipico rispetto alle correnti artistiche, si è cercato invano di inserirlo ora nel Minimalismo, ora nell’Arte Povera. Prima tra i Performers, poi tra i Concettuali, Beuys è riuscito a rivestire la sua stessa persona di Arte e l’Arte della sua Persona. Questo significa molto di più della mai sopita idea di unità tra l’arte e la vita. Beuys, ponendo se stesso all’interno dell’opera d’arte, intende sottolineare il potere antropologico di tutta l’arte. Il bisogno di parlare, di comunicare, di esprimersi con qualsiasi mezzo, ha trovato piena risposta nel lavoro dell’intera sua vita. Essere un artista, per Beuys significava condurre un’esistenza insieme ad altri, ricercando in un rapporto di fraterna collaborazione quella “elementare e profonda comprensione per ciò che avviene sulla terra”, perché ciò che avviene nel nostro mondo e anche dentro di noi. Non possiamo fare a meno di parlare gli uni con gli altri. E Beuys non può fare a meno di risorgere e di continuare a vivere. Come Beuys così ogni uomo, ogni uomo che abbia deciso di essere un vero uomo. Questo è il messaggio che Beuys ha trasmesso con la sua opera e la sua vita. Joseph Beuys non ha inventato nessun metodo, ha lavorato l’intera sua vita per il miglioramento dei metodi esistenti nella società.
Due sono i concetti che permeano tutta la filosofia Beuysiana:
– L’energia libera e creativa che posseggono tutti gli uomini del pianeta
– La sua Living Sculpture. Una ‘scultura vivente’ fatta di uomini di differenti origini, razze, religioni, stati sociali, politici, economici, culturali, legati da una solidale e libera collaborazione.
Questi 2 concetti possono essere sintetizzati nei suoi famosi 4 slogan: Tutti gli uomini sono artisti, La Rivoluzione siamo noi, KUNST=KAPITAL, Difesa della Natura
Ora possiamo analizzare alcune tematiche che mi ha richiesto. Partiamo dall’ambiente.
In Beuys il rapporto con la Natura è sempre stato un tema costante. Un lavoro che iniziò con archetipi disegni nei suoi primi anni di artista e che riprese in Italia negli ultimi anni della sua vita in Difesa dell’Uomo e a Salvaguardia della Natura. E’ in Italia che il suo concetto di Utopia Concreta si realizza attraverso la triade delle Piantagioni: Seychelles – Bolognano – Kassel, in Utopia della Terra.
La Difesa della Natura di Beuys oltrepassa il concetto ecologico (va ricordato che nei primi anni ‘70 fondò il Movimento dei Verdi, da cui però si detrasse quando divenne Partito) e va letta in senso antropologico: Difesa dell’Uomo, dell’Individuo, della Creatività, dei Valori umani. Temi oggi attuali in tutto il pianeta.
Per quanto riguarda la sua Conferenza Permanente del 1977 a Documenta – dove ero presente – è necessario ricordare che Beuys ha proposto l’istruzione come fonte primaria del corpo sociale, creando formule pedagogiche di estrema importanza per la rinascita di una nazione civile come gli Uffici per la Democrazia Diretta e la F.I.U. (Free International University). Desidero anche ricordare il suo Appello per l’Alternativa e Azione Terza Via – Iniziativa promozionale – Idea e tentativo pratico per realizzare una alternativa ai sistemi sociali esistenti nell’Occidente e nell’Oriente. Beuys avverte che l’umanità è condannata a subire sempre più drammaticamente la crisi ecologica. A essere esposta indifesa alla folle crescente minaccia bellica, ad assistere impotente al continuo allargarsi del divario tra le nazioni ricche e quelle povere. Ad essere incessantemente tormentata dall’odio razziale, dalle lotte religiose, dai nazionalismi, dallo sfruttamento, dall’oppressione, dall’umiliazione, dalla violenza del potere economico-politico, dalla manipolazione biologica e sociale. Beuys ha sentito innanzi tempo la necessità dell’Unione Europea attraverso il libero mercato e la moneta comune.
Tutte queste problematiche sono state discusse nei cento giorni a Documenta VI in Kassel nel 1977 quando presentò per la prima volta al mondo della cultura la sua Free International University, ancora attuali nell’intero pianeta.
Sono questi i punti salienti discussi per 100 giorni a Documenta:
– Incontro sulla Periferia
– Incontro sull’energia nucleare e alternativa
– Incontro sulla Comunità
– Primo incontro sui Media: manipolazione
– Secondo Incontro sui Media: alternative
– Settimana dei Diritti Umani
– Incontro sul degrado urbano
– Incontro sull’emigrazione
– Incontro sull’Irlanda del Nord
– Incontro sul Mondo
– Incontro sul comportamento violento
– Incontro sul lavoro e la disoccupazione
L’ultimo Incontro fu dedicato all’analisi dei 100 giorni di discussioni. Joseph Beuys nutriva la speranza che tutti gli uomini potessero raggiungere un’uguaglianza di libertà e di diritto. Si è prodigato per una economia di mercato per un Ordinamento economico organico, per il mutamento pratico del concetto di danaro e per un nuovo ordinamento basato sul diritto del lavoro. Si è in modo particolare interessato alla salvaguardia dei prodotti della terra in via d’estinzione e dell’aratura biologica. Ha anche avviato una vera partnership per la sussistenza e la promozione dello sviluppo nei paesi del Terzo mondo. A questo proposito va sottolineata l’importanza profetica di Joseph Beuys in quanto antesignano di un pensiero anticipatore di necessità sociali, rivolto alle contingenze del Tempo Presente. Il Maestro tedesco è stato il precursore attivo di tutte quelle problematiche economiche, ambientali, umanitarie, politiche, culturali che oggi, più che mai, dilaniano gli uomini che abitano il pianeta Terra.
Finché esisterà una sola pianta e un solo uomo sulla terrà vivrà l’Arte Regale di Joseph Beuys e di tutti quegli artisti che operano per un miglioramento sociale.
A/À: Quanto i temi relativi alla catastrofe sono presenti nella ricerca di Joseph Beuys e nella sua rappresentazione artistica?
LDDD: Joseph Beuys è stato l’antesignano di quelle problematiche socio economiche, politiche e culturali che ancora oggi dilaniano l’intero pianeta Terra. Documenti inconfutabili sono i 100 giorni della Conferenza Permanente a Documenta VI – Kassel 1977 e il suo famoso Libretto Rosso-Terza Via. Riguardo le catastrofi ambientali, questo tema è stato affrontato il 13 maggio 1984 in Bolognano nella storica Discussione “Difesa della Natura”. Alla domanda dell’artista Marco Bagnoli: quindi, noi pensiamo di avere coscienza dell’albero. Anzi, forse esso è il simbolo di tale coscienza. Allora, io domando a Beuys, ma questo albero è cosciente di noi? Se lo è, è lui che ci pianta, materialmente, assorbendo la nostra coscienza. Se non lo è sarà forse quel dio morto che rinasce nella nostra coscienza? Beuys risponde: ti ringrazio moltissimo, Marco. Mi trovo in perfetta sintonia con le tue parole. Facendo questo lavoro noi piantiamo gli alberi, e gli alberi piantano noi poiché apparteniamo l’uno all’altro e dobbiamo esistere insieme. E’ qualcosa che accade all’interno d’un processo che si muove allo stesso momento in due diverse direzioni. L’albero dunque ha coscienza di noi, così come noi abbiamo coscienza dell’albero. E’ dunque di enorme importanza che si tenti di creare o stimolare un interesse per questo tipo di interdipendenza. Se noi non abbiamo rispetto per l’autorità dell’albero, o per il genio, o per l’intelligenza dell’albero, troveremo che l’intelligenza dell’albero è talmente enorme da permettergli di decidere di fare una telefonata per comunicare un messaggio sulle triste condizioni degli esseri umani. L’albero farà la sua telefonata agli animali, alle montagne, alle nuvole, e ai fiumi; deciderà di parlare con le forze geologiche, e se l’umanità fallisce, la natura avrà una vendetta terribile, una vendetta terribilissima che sarà l’espressione dell’intelligenza della natura e un tentativo di riportare gli esseri umani al lume della ragione attraverso lo strumento della violenza. Se gli uomini non possono far altro che rimanere imprigionati nella loro stupidità, se si rifiutano di dare considerazione all’intelligenza della natura, e se si rifiutano di mostrare una capacità di entrare in un rapporto di collaborazione con la natura, allora la natura farà ricorso alla violenza per costringere gli uomini a prendere un altro corso. Siamo giunti a un punto in cui dobbiamo fare una decisione. O la faremo, o non lo faremo. E se non lo faremo, ci troveremo a dover fronteggiare una serie di enormi catastrofi che si abbatteranno su ogni angolo del pianeta. L’intelligenza cosmica si rivolgerà contro il genere umano. Adesso però, ancora per un certo periodo di tempo, ci rimane la possibilità di venire liberamente a una decisione – la decisione di prendere un corso che sia diverso da quello che abbiamo percorso nel passato. Possiamo ancora decidere di allineare la nostra intelligenza con quella della Natura. Sono molto grato per i commenti di Marco Bagnoli, perché ha voluto sollevare un aspetto molto importante del nostro problema. Anche se il suo discorso sembra mistico, parla invece della realtà. Non si tratta, certo, del tipo di realtà che normalmente si intende con questa parola, secondo modi di pensiero positivisti e materialisti. Ogni volta che la gente mi parla della realtà, chiedo sempre, “Ma di che tipo di realtà state parlando? Quale realtà?” E’ questa la domanda. Mai Beuys fu così apocalittico, ma è necessario sottolineare che il Maestro tedesco era anche molto ottimista. Riflettiamo su cosa è accaduto nell’intero mondo dal giorno della sua prematura scomparsa, il 23 gennaio 1986.
Beuys è ancora tutto da leggere, da analizzare, da studiare.
A/À: Quali altri artisti hanno saputo interpretare il tema in modo magistrale? Con quali lavori in particolar modo?
LDDD: Considero primo fra tutti, Vitantonio Russo, unico artista-economista italiano, direi internazionale, che a partire dagli inizi degli anni Sessanta, con la sua Economic art, ha saputo interpretrare e analizzare le diverse realtà socio-economiche e culturali del nostro tempo in comparazione con eventi e situazioni del passato ma sempre con una lucida visione antropologica del futuro. In più occasioni, pubbliche e private, Russo si è confrontato con Joseph Beuys su argomenti economici e ambientali con una totale intesa culturale: “lavorare per la società moderna significa lavorare per gli altri”. Chiaramente Beuys era un idealista, Russo un razionale in quanto professore di Economia ma dotato di una sensibilità tale che etica ed estetica costituiscono per lui un unico costante valore. Famosa è la discussione avvenuta tra i due il 12 febbraio 1978 alla Borsa Merci di Pescara, in occasione della presentazione della Fondazione per la Rinascita dell’Agricoltura. In quell’occasione Russo, da esperto che da oltre trent’anni, per ragioni di studio e di lavoro si era interessato di problemi economici legati all’agricoltura, mise in evidenza le contraddizioni della Riforma Fondiaria degli anni ’50 e ’60, le complesse problematiche della cooperazione agricola, lo scontro traumatico tra civiltà contadina e progresso tecnologico, i diversi aspetti della Comunità Europea, anche in rapporto alle disuguaglianze socio-economiche in atto, specie nel cosiddetto Terzo Mondo. Ricordo esattamente che Beuys – che ha sempre ritenuto che l’artista deve essere a Servizio della società per il bene comune – rivolgendosi al pubblico disse: ringrazio Vitantonio Russo perché proprio uomini come lui, che vengono dalla pratica e dall’arte, dovrebbero occupare quei posti necessari ai cambiamenti radicali per migliorare la società. In sintonia con la propria ricerca sono le magistrali opere esposte da Russo in Biennali e in Eventi internazionali, espressione di una transustanziazione di un pensiero forte che, attraverso una innata creatività, hanno portato alla luce problematiche reali di un mondo scientifico che gli appartiene totalmente. Al fine di rendere più veritiera e dialettica l’intera ricerca, Russo adopera sia materiali archetipi come oro, argento, moneta divisionaria, sia oggetti d’uso come ombrelli e cassaforte nell’installazione-performance “The wealth of Nations” – Spazio Thetis Venezia 2008, le zanzariere nell’Installazione “Value” – Il Luogo della Natura, Bolognano 2012/15, Film/Video come “Natural/Innatural force” 2009. La stessa titolazione delle sue operazioni diviene supporto di dilatazione dell’intero lavoro. Ad esempio: “To open the debate” – Biennale di Venezia 2009; “Supply side economy” – La Maison de l’Italie, Parigi 2010; “Gain from trade”, Roma 2012. Non conosco altri artisti che interpretano Arte e Vita reale amalgamata dal proprio Sapere, o meglio, non ho ancora avuto occasione di incontrarli … eppure per il mio lavoro sono spesso in giro per il mondo.