The Skin of Culture
Intervista di Camilla Boemio per CALAMITA/À
Derrick de Kerckhove (1944) ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto. È autore di La pelle della cultura e dell’intelligenza connessa (titolo originale: The Skin of Culture and Connected Intelligence) e Professore Universitario nel Dipartimento di lingua francese all’Università di Toronto. Attualmente è docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II dove è titolare degli insegnamenti di “Sociologia della cultura digitale” e di “Marketing e nuovi media”. È supervisor di ricerca presso il PhD Planetary Collegium M-Node. Richiamando la teoria dell’Intelligenza Collettiva di Pierre Levy, de Kerckhove l’ha aggiornata e adattata al contesto tecnologico delle reti, mirando alla connessione delle intelligenze quale approccio ed incontro sinergico dei singoli soggetti per il raggiungimento di un obiettivo. Tale connettività si affianca e contemporaneamente si oppone all’idea di collettività proposta da Levy, aggiungendo a questa l’unità frammentata delle potenzialità degli elementi della rete. Non soltanto, quindi, la comunicabilità dei singoli elementi quale caratteristica fondamentale del nuovo medium, ma la possibilità offerta per la azione/creazione di un oggetto multimediale, un artefatto cognitivo.
De Kerckhove ha offerto seminari di intelligenza connessa in tutto il mondo, e ora offre questo approccio innovativo alle aziende commerciali, ai governi ed alle università per aiutare piccoli gruppi a pensare assieme in una via disciplinata ed efficace mentre utilizzano le tecnologie digitali. Allo stesso modo, ha contribuito all’architettura del software di Hypersession, un software collaborativo ora utilizzato da Emitting Media ed utilizzato per varie situazioni educative. Come consulente dei media, per i suoi interessi culturali, e per le politiche relative, de Kerckhove ha partecipato alla preparazione per i piani del Padiglione Ontario all’Expo ’92 tenuto a Siviglia.
CALAMITA/À: La sua analisi sui media, internet e l’intelligenza connettiva la ha reso uno dei teorici più influenti della comunicazione. Ci potrebbe illustrare un’introduzione della sua ricerca su arte e comunicazione?
Derrick de Kerckhove: Tra le funzioni di base dell’ arte, che sono, di decorare, elevare, ed istruire, ci sono quelle che nascono dall’esplorazione dell’arte dei nuovi media, che è quello di rivelare e spesso prevedere le conseguenze umane delle nuove tecnologie. Ci sono stati degli artisti italiani abili nel sviluppare il topic. Penso alle installazioni fotografiche e virtuali di Giuseppe Stampone sull’identità e sulla comunicazione, la rivelazione di Salvatore Iaconnesi di solidarietà Social Network con The Cure, o recentemente lo spettacolare hacking di Paolo Cirio con l’esibizione di 250.000 aziende, tra le quali niente meno che Google e Coca Cola, che hanno enormi paradisi fiscali vantaggiosi per le Isole Cayman. Rivelare i segreti sporchi del potere è, naturalmente, un business pericoloso che solo gli artisti possono rischiare.
A/À: Siamo nella ‘società del rischio‘ – nella quale vorremmo riscoprire l’attuale stato di decadenza industriale. Qual è la sua opinione?
DdK: Il rischio è un elemento necessario per stimolare l’innovazione. Ne abbiamo bisogno in ogni campo, nella politica, nell’economia, nell’istruzione, nel diritto etc. L’arte è l’unica funzione che non è ostacolata dalla velocità del cambiamento. Non tutti, ma molti artisti stanno cominciando a mettere in discussione la situazione e guardano le possibili vie d’uscita. L’Industria è così tanto in decadenza che è in una fase di transizione. Alcune industrie sono maggiormente consapevoli nel cogliere le opportunità, piuttosto che lamentarsi delle perdite. Ad esempio, in Italia c’è un risveglio, anche se molto lento, nel quale i media e la politica stanno migliorando le loro connessioni con la gente. L’istruzione è più lenta, a terra come in una psicologia cartacea.
A/À: Il fallimento della governance globale per quanto riguarda gli effetti crescenti del riscaldamento su scala mondiale, con particolare riguardo alla riduzione delle emissioni di CO2, ha creato una cultura generale intensa per i movimenti di protesta che credono che il cambiamento possa essere affrontato solo attraverso una trasformazione radicale della società, in modo efficace sfidando la distribuzione dei rapporti di ricchezza e di potere esistenti. Avremo presto una maggiormente estesa realizzazione nella pratica?
DdK: Sì, credo di sì, come abbiamo già visto durante la rivoluzione sovietica e la primavera araba, e prima con l’abolizione della schiavitù. Tale estraniante cambiamento massiccio di un’intera popolazione non necessariamente riesce a portare la pace, basta guardare la guerra civile americana o la Siria di oggi. Tuttavia questi cambiamenti introducono con forza nuovi modi di vedere il mondo e di agire di conseguenza. Il messaggio fondamentale dell’energia elettrica e dei suoi derivati attuali, la comunicazione digitale e senza fili, è la comunità (vedi i social network) e la globalità. Alla fine i valori incorporati in una nuova etica saranno adottati più o meno universalmente (come la lingua inglese o i protocolli Internet).
A/À: Potrebbe introdurci il concetto di inconscio digitale?
DdK: Il DU (Digital Unconscious) è tutto ciò che si sa su di te che non sai. Si tratta di tutti i dati che volutamente o involontariamente si accumulano nei database onnipresenti e tutti interconnessi in Big Data. È nascosto, come nel concetto freudiano di inconscio, ma è potenzialmente più determinante. Infatti più si sa su di noi, più le agenzie possono condizionare o influenzare la nostra vita – ed altre scelte minori. Ciò di cui abbiamo bisogno non è uno psicologo, ma un buon hacker per recuperare una certa misura di controllo personale sul nostro destino.
A/À: Quale significato ha la parte emozionale? Il network diventerà sempre più una sorta di sistema “limbico” (una forma di limbo), dove le emozioni si rafforzeranno?
DdK: Sì, questo è un effetto dei social media che non era previsto. Le emozioni viaggiano istantaneamente in modo virale su Internet e come le emozioni fanno con gli individui, esse favoriscono l’azione ovunque sia richiesto abbastanza urgentemente. Quando si è davvero arrabbiati e non si può più tollerare ancora, e si scopre che tutti intorno a te sentono le cose allo stesso modo, si scende in strada e si fronteggiano i carri armati. Possiamo aspettarci molto di più queste situazioni in futuro, a meno che l’ossessione della protezione universale (leggi “controllo”) ci leghi tutte le nostre mani verso il basso. Ma anche questo non potrà mai più sopravvivere alla rabbia e alla ribellione.
A/À: Anche con il cambio dell’etica sociale arriveremo ad un equilibrio più simmetrico tra le persone (come utenti) e l’autorità. Ci racconti.
DdK: Vorrei che fosse così. Per il momento, lo Stato (con la S maiuscola, questo termine comprende le persone al potere e coloro che lo amministrano) è ancora in fase di transizione e asimmetria tra lo stato e la gente che regna sovrana: sanno tutto di noi e sappiamo ben poco su di loro. Ma ci sono segnali molto forti che le cose stanno finalmente cambiando. Wikileaks e le rivelazioni di Bradley Manning e poi Edward Snowden sono pionieri di un futuro in cui la trasparenza totale delle funzioni di governo sarà obbligatoria per qualsiasi sistema politico che desidera la stabilità
A/À: Il poeta è il primo scienziato, che si occupa di software utilizzati dall’uomo: il linguaggio. Nell’era dell’elettronica, il poeta è colui che scrive tramite il software il nuovo linguaggio. La nuova poesia è quella del software; Linus Thorvald è il grande poeta di oggi; Linux è una forma d’arte, è una poesia moderna. Insieme a questa nuova idea di poesia sopravvive un intero mondo di nomi e “idiomi”. Avere un nome semplice diventa un valore, ho visto i nomi di dominio quotati a due milioni di dollari. Mi dica di più.
DdK: Ho detto questo? Interessante. È una sorta di cosa in cui credo. È molto intelligente chi lo ha detto. Ho esempi in cui i poeti hanno governato la società – anche se non sapevano che stavano creando nuove metafore. Infatti, tre piccole metafore hanno avuto una grande influenza sulle industrie di telecomunicazioni: Cloud Computing, Internet of Things, Big Data. La popolarità dei primi risale al 1994 ed è accreditato ad Anonimo (cioè nessuno in particolare). Sappiamo quanto ardentemente le società di telecomunicazioni sono saltate su quel carro. Internet of Things risale al 1999 ed è accreditato a David Ashton, e le sue implicazioni tecnologiche e di mercato sono ancora in fase di studio oggi. L’ultima (del 2001) non è solo una metafora, ma un paradigma. Quello che Doug Laney ha fatto non è solo incoraggiare l’industria verso una nuova enorme pista, ma aprire un’era di Random Access Global Intelligence. Big Data è la fonte non solo di tutte le risposte ancora in attesa di domande, ma anche di un flusso costante di innovazioni che avranno un impatto su tutti e sulla nostra comprensione di ciò che veramente è l’intelligenza.
A/À: Il simbolo del nostro nuovo secolo è la rete, la rete senza un centro, o un’orbita, né certezze; è una connessione infinita di cause; è l’archetipo che rappresenta tutto, perché tutto ciò che si può appartenere, ogni pensiero, ogni economia e ogni individuo, ogni famiglia, in breve, tutto ciò che appare interessante. La rete non utilizza più l’unità di misura dell’atomo, rigida, quantificabile e rassicurante; la rete è complessa e può diventare il caos se preso in eccesso. Ce ne parli.
DdK: Non sono d’accordo. La rete è un auto-organizzazione intelligente. Collettivamente e connettivamente, risolviamo molto rapidamente i problemi che sorgono sulle reti, girando intorno agli ostacoli (il motivo è stato inventato per), e la creazione di nuove relazioni e strumenti per aumentare il controllo sulla sua entropia. Come avrebbe detto il dottor Pangloss o Signor Leibnitz, esiste la rete per farci diminuire la cattiva gestione delle nostre risorse naturali.